Per migliorare il nostro servizio, la tua esperienza di navigazione e la fruizione pubblicitaria questo sito web utilizza i cookie (proprietari e di terze parti). Se continui la navigazione accetti di utilizzarli. Per maggiori informazioni (ad esempio su come disabilitarli) leggi la nostra Cookies Policy. Cliccando sul bottone "ok" qui a fianco, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.
Indietro

L’oro fa ricca la tavola

Decorazioni, carte e fiocchi dei doni sotto l’albero. A Natale tutto si impreziosisce in bagliori d’oro.

Decorazioni, carte e fiocchi dei doni sotto l’albero. A Natale tutto si impreziosisce in bagliori d’oro. Perfino l’umile pane, arricchito di uvetta, cedro e buccia d’arancia candita con trasparenze del sole, diventa panettone, pandolce, panspeziato. Un segno di regalità e di abbondanza, metafora delle monete di cioccolato in veste dorata regalate ai bimbi e delle lenticchie di fine anno. Un colore che rivitalizza la mente e infonde serenità e calda intimità familiare. Spontaneo associarlo ai momenti di festa davanti al fuoco, riuniti alla grande tavola di Natale per il brindisi beneaugurante.

Se l’uva passa diventa… dorata
Per la sua provenienza è anche conosciuta come uvetta sultanina. Tra le più note quella di Corinto, di Malaga, di Smirne. Acini di un bel colore biondo dorato, senza semi, di qualità superiore. È molto usata in pasticceria a differenza della varietà scura, meno zuccherina, più adatta alle preparazioni salate tipiche della cucina di Sicilia e Campania, dal pesce spada alla sarde a beccaficu. Ma anche il Nord non scherza: zucchine ripiene con amaretti e uvetta sultanina (Lombardia), sarde in saor (Veneto), stoccafisso in agrodolce (Liguria).
Un alimento energetico e disintossicante, ottimo come dolcificante. Come tutti i prodotti di raccolta naturale, l’uva passa va sempre lavata prima dell’utilizzo e fatta ammorbidire lasciandola riposare mezz’ora in acqua tiepida. Un piccolo segreto da pasticciere: perché gli acini non finiscano nel fondo delle torte, metterli con poca farina in un barattolo e scuotere, poi eliminare la farina in eccesso.

La curcuma, “zafferano delle Indie”
Di gran moda come pianta d’appartamento, un’altezza massima di circa un metro e foglie lanceolate, la curcuma spicca per i vistosi fiori violacei disposti a spiga. Ma il suo segreto è nei rizomi, gialli e carnosi, che in Asia vengono bolliti e fatti essiccare in forno, triturati, utilizzati come colorante e come spezia alimentare tra le meno costose. Per questo è anche conosciuta come “zafferano delle Indie” anche se l’analogia è solo nel colore: sapore e profumi sono decisamente diversi. Molto utilizzata in Medio Oriente e nell’Africa del nord, dove colora cous-cous e piatti a base di riso, pesce e frutti di mare, per la sua versatilità può trovare impiego anche in alcune ricette della tradizione mediterranea, dai soufflé al formaggio ai piatti di verdure saltate, dalle carni bianche alla paella. Da usare facendo attenzione a non macchiarsi le mani e sempre in modiche quantità perché, leggermente piccante e amarognola nel retrogusto, può annullare gli altri sapori.

Le mille varietà della cipolla
Bella da vedere, squisita in tavola. Forma regolare, ovoidale, di colore uniforme con leggere striature ramate, la cipolla dorata offre un utilizzo variegato. Ogni regione vanta una sua varietà: cipolla dorata di Castelnuovo Scrivia, di Parma, di Bologna. A Banari, in provincia di Sassari, ogni anno è la regina di un’apposita sagra. Saporita, ma meno pungente della bianca, si presta a soffritti e cotture in forno. Nelle valli piemontesi le cipolle si fanno ripiene, con farcia di riso, salsiccia e carne tritata. Di lunga conservabilità non necessitano di frigorifero, basta un luogo fresco e asciutto. Per affettarle senza lacrimare immergerle prima in acqua per qualche istante o lasciarle in freezer, chiuse in un sacchetto, per una decina di minuti.

Sapori esotici con il mango
Difficile definire il sapore di questo frutto esotico, sempre più presente sulla tavola delle feste, oggi coltivato in via sperimentale anche in Sicilia e Calabria. Ricorda l’ananas, l’albicocca, la pesca, con una nota speziata nel retrogusto. A perfetta maturazione presenta un’elegante colorazione sfumata tra il verde, il giallo e il rossastro, i colori del Natale. Per questo è utilizzato anche come decoro: bastano pochi frutti, con qualche rametto di agrifoglio, per farne un centrotavola scenografico. È invitante, profumato, ricco di polpa gialla, morbida e succosa. Si può consumare fresco, in macedonia, o come guarnizione di dolci, gelati, frullati. Non mancano utilizzi in cucina legati alla tradizione orientale: riso al mango, insalata di gamberi e mango, chutney, un sorta di mostarda aromatizzata con aceto, zucchero e curcuma. Nell’acquisto scegliere frutti molto profumati, senza ammaccature, dalla buccia soda ma cedevole a una leggera pressione delle dita. Per sbucciarli è semplice: si incidono con solchi longitudinali e si tira delicatamente la pelle. Si conservano a temperatura ambiente, fuori del frigorifero.

Anche la tagliatella è d’oro
Farina e uova, un pizzico di sale. Il segreto è tutto nell’abilità delle “sfogline” a impastare, tirare la sfoglia, lavorare di mattarello e forza di braccia. Le tagliatelle sono il vanto di Bologna, il ragù un rito. Qui, il 16 aprile 1972, l’Accademia Italiana della Cucina codifica con atto notarile la larghezza della vera tagliatella: millimetri otto. E consegna ufficialmente alla Camera di commercio, a futura memoria, un prototipo realizzato in oro. Non si fissa lo spessore, tra i sei o gli otto decimi di millimetro. Circa la lunghezza vale la strizzatina d’occhio all’oste: “Conti corti, tagliatelle lunghe”.
  CIBI DI STAGIONE novembre dicembre
VERDURA
Broccolo, Cavolo, Cardo,
Cavolfiore, Cime di rapa,
Rapa, Patata, Porro, Zucca,
Cipolla, Aglio, Sedano rapa,
Topinambur
FRUTTA
Mela, Pera, Kiwi,
Melagrana, Cachi, Arancia,
Mandarino, Pompelmo,
Cedro, Limone,
Frutta in guscio (noce, nocciola,
mandorla, pistacchio)
La coppia vincente: riso e zafferano
Talmente prezioso che un tempo pesavano lo zafferano con il bilancino da farmacista. “Oro rosso” nella nomea popolare. Il migliore è quello in pistilli, puro e di costo più elevato, ma altrettanto valide in cucina le comuni bustine in polvere. I fiori, di un bel colore violaceo, si raccolgono in novembre. Un lavoro certosino, completamente manuale: ogni grammo richiede almeno duecento fiori.
La terra d’origine è l’Asia Minore, ma in Italia attecchì subito nelle regioni centrali e meridionali dando origine a un fiorente mercato. In Sicilia un paese ne porta addirittura il nome, Zafferana Etnea. Nel Medioevo veniva usato come moneta di scambio: nel 1228 il Comune di San Giminiano, in Toscana, pagò i debiti contratti parte in denaro e parte in zafferano. I milanesi ne approfittarono per crearvi una leggenda: il risotto allo zafferano. Pare che durante la costruzione delle vetrate del Duomo, nel 1574, un maestro vetraio avesse fatto cadere inavvertitamente la preziosa polvere rossa, utilizzata per ravvivare il colore giallo, nella pentola del risotto che stava preparando creando le basi della ricetta. Un inizio in sordina che ha conquistato i buongustai di tutto il mondo.
  Per Natale largo allo sfarzo
Una tavola di Natale, ricca, sontuosa. Addirittura d’oro. Il sogno di re Mida che si materializza nelle cucine di corte, da sempre simbolo di potenza e di prestigio.
Le cronache raccontano che nel 1360 Galeazzo Visconti, signore di Milano, per le nozze della figlia Violante con Lionello d’Inghilterra offre un banchetto sfarzoso. Decine di “servizi”, a base di lepri, lucci, quaglie, trote, pernici, anatre e storioni, tutti ricoperti da sottili lamine d’oro. Un luccichio che si riverbera negli specchi dei saloni. Uno stimolo per i cuochi rinnovato nei secoli.
Uno sfizio realizzabile anche oggi a costi relativamente contenuti, quel “tocco” di raffinatezza in più, da master chef, per personalizzare la tavola di festa.
A dare il la il celebre risotto di Gualtiero Marchesi, il Maestro della cucina italiana, una felice rilettura della ricetta classica con al centro di ogni piatto, aggiunto all’ultimo momento, un quadrato di foglia d’oro. Per chi ha meno abilità conviene puntare sul decoro di un dolce. In commercio l’oro alimentare a 23 carati è disponibile anche in polvere, fiocchi e briciole, le più comode. Assolutamente commestibile, non altera il sapore di cibi. L’importante è non toccarlo con le dita, ma servirsi di un paio di pinzette: l’umidità presente sulla pelle lo farebbe aderire rendendolo inutilizzabile.
Si acquista nei negozi di alta gastronomia o direttamente on-line dalle ditte produttrici.